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Il mio allenamento col Parà

Il mio allenamento col Parà

"Vieni a correre con me? Non corro da un po' di tempo, tre anni a dirla tutta, ma forse con il tuo aiuto posso ricominciare!"
"Ma si dai, domani mattina andiamo".
Il semplice dialogo tra me e il mio ragazzo, una fredda sera a Pisa.

L'allenamento inizia in perfetto stile Full Metal Jacket. Ho percepito troppo chiaramente lo schiaffo termico quando d'improvviso lui ha sollevato via il piumone dal letto senza alcuna pietà. E non ce n'era bisogno perché mi sarei alzata lo stesso, in un'ora o due. Credo che al mondo non ci sia crudeltà peggiore.
Il gesto era accompagnato da un brutale "Alzati Cicciona!". Ora, il fatto che sia solito usare lo stesso appellativo in tono affettuoso anche in altre situazioni non giustifica la sua inopportunità proprio in questa precisa occasione. Avrei sofferto allo stesso modo se mi avesse chiamato Palla di Lardo, Soldato Biancaneve o dirmi che ai suoi tempi non facevano pile di merda alte come me. Trattengo una lacrima.
Mi alzo.
Mi vesto. 
Mi preparo la colazione. E mentre spalmo il burro sull'ennesima fetta biscottata mi guarda e dice: "Quindi sta mattina vuoi proprio vomitare?"
Vomitare? Di cosa sta parlando? Avevamo detto dieci minuti, giusto qualcosa di soft per iniziare. 

"Questi te li metti, adesso!" dice afferrando i pesetti per le caviglie che ho comprato qualche giorno fa.
Sta scherzando? non posso andare in giro con quei cosi! Ci provo con tutta me stessa ad essere convincente, perché il problema estetico è del tutto secondario a quello di dover correre con massa aggiuntiva. Ma questo nessuno deve saperlo, tanto meno lui, tanto meno ora. Insiste per dieci pericolosissimi minuti, poi stanco dei miei no, desiste.
Siamo pronti. "Adiamo cicciona! (soldato Palla di Lardo)". 

Iniziamo a correre. 
Dopo due minuti avanzo la classica domanda: Quanto manca?
La risposta: "Zitta e corri"
Ok, non è proprio come avevo immaginato la nostra dolce giornata di fitness insieme.
Dopo svariati minuti, molto più di dieci, sono stanca, affannata, mi formicolano le mani, ho la vista appannata e mi accorgo di stare correndo ad angolo retto piegata dal dolore alla milza comparso dopo aver percorso i primi 9 metri. Così tento la pausa autogestita. Una manata, bastarda, arriva da dietro e mi costringe a proseguire. Ci riprovo. Stesso risultato: "Zitta e corri".
Non ho più le forze per continuare a lamentarmi, la necessità di risparmiare fiato prevale.

Dopo ore, giorni credo, ecco che pronuncia la fatidica frase: "Li ti puoi fermare!"
Non ci credo, finalmente, ce l'ho fatta. Rallento, sto per fermarmi. Ma una manata mi raggiunge nuovamente."No, non QUI, ho detto Li". Crudele e oltretutto pignolo.

Arrivo. Sorrido soddisfatta per la fine del duro lavoro. Sto per abbandonarmi sulla panchina, ma devo desistere perché lo sento tuonare ancora. "Non ti sedere! No, ora fai gli squat! Avanti, squat!Vai più giù, ho detto più giù! Non ridere! Stai sentendo dolore? Allora vai più giù! Ora ti fa male? Non ridi più ora eh?! Bene allora altre tre serie poi facciamo le pompate, e poi gli addominali". Ci ha preso gusto, ovviamente.

Ma dov'è che ho sbagliato?! Ho di sicuro tralasciato qualcosa...perchè volevo rimettermi in forma, tornare tosta e ganza come un tempo quando macinavo km in piscina, invece sono qui nel letto che affogo nel mio stesso acido lattico, che se fossi stata una rockstar sarebbe stato anche un gesto degno del personaggio, ma visto che non sono nessuno...

Non so di preciso quale segnale ho mal interpretato, quale mi ha portato fuori strada..forse un "buonanotte" detto troppo sofficemente, o forse sono le sdolcinate commediole americane che mi sparo ogni tanto, non so...fatto sta che sognavo di corse felici in mezzo a prati di margherite, mano per la mano, sorrisi, parole dolci di incoraggiamento e ancora sorrisi. 

E invece mi sono ritrovata a correre assieme ad un soldato in assetto di guerra con il fucile puntato sul fondoschiena, il mio ovviamente. 

Ma alla fine di tutto è strano pensare che sia la stessa persona a tirare fuori il meglio di me in ogni occasione, perché invece dei dieci minuti concordati, ne ho corsi venti, e domani mi sa che ci ritorno.


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